Onorevoli Deputati! - La nostra proposta di legge di iniziativa popolare riguarda il sistema educativo di istruzione statale. Detta le norme generali inerenti la scuola e definisce i livelli essenziali delle prestazioni per quanto attiene ai nidi d'infanzia, cui sono assegnate anche finalità educative e pertanto da considerarsi interni al sistema.

Princìpi (articolo 1).

      Il sistema delineato nella proposta di legge trova le sue ragioni di essere nella Costituzione e in quel sistema di regole condivise che la comunità internazionale ha costruito e a cui riconosciamo valore, fino alla Convenzione sui diritti del fanciullo che, in fatto di educazione e istruzione, rappresenta per noi un riferimento costante.
      Il sistema è detto educativo di istruzione perché, nei limiti delle sue competenze, cura la crescita dei soggetti che gli vengono affidati come persone, come cittadini e cittadine, come futuri lavoratori e lavoratrici.

Finalità (articolo 2).

      Il sistema educativo di istruzione cura l'acquisizione consapevole di saperi con un'attenzione costante all'interazione e all'educazione interculturale: valori dei quali

 

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la società del futuro non potrà fare a meno. Nel testo si fa cenno all'apprendimento permanente per sottolineare che la scuola deve offrire strumenti agli allievi/e affinché, dopo aver assolto l'obbligo scolastico, siano in grado di proseguire un percorso di apprendimento che duri per tutto l'arco della vita e consenta di interpretare il mondo in maniera originale. In uno slogan: la scuola come luogo dove si impara ad imparare.
      Nella nostra proposta di legge sottolineiamo anche il valore di alcune scelte di qualità metodologiche: le attività laboratoriali, i momenti ludici e soprattutto il lavoro di gruppo. Quest'ultimo ci sembra particolarmente importante in una società sempre più avviata sulla strada della competizione selvaggia, in cui, quindi, il valore della collaborazione e del lavoro cooperativo va recuperato e rivalutato. L'apertura al territorio, e in generale al mondo esterno, rappresenta per le scuole un arricchimento e una spinta in più per la loro vita.
      Come esempio, l'apertura pomeridiana delle scuole superiori, gestita in modo consapevole dallo spirito di iniziativa degli studenti e delle studentesse, in concorso con tutte le agenzie del territorio che si occupano di giovani (compresa la scuola stessa), può far diventare ciascuna scuola un luogo di produzione e fruizione culturale, di crescita, di socializzazione, di cittadinanza consapevole, fuori dai percorsi didattici in senso stretto, eppure in sinergia con essi.

Articolazione del sistema (articoli 4 e 5).

      Entrando nello specifico, il sistema educativo di istruzione si articola nei nidi d'infanzia, nella scuola di base (scuola dell'infanzia della durata di tre anni, scuola elementare della durata di cinque anni e scuola media della durata di tre anni) e nella scuola superiore (biennio unitario e triennio d'indirizzo). Nel testo sono descritti gli obiettivi di ognuno di tali segmenti.

Il diritto all'istruzione (articolo 3).

      Nella proposta di legge si afferma che deve essere garantito per tutti i cittadini il diritto all'educazione, all'istruzione, alla formazione, a partire dalla gratuità della scuola statale sia per l'accesso sia per i libri di testo sia per il trasporto. Una buona scuola ha bisogno di risorse adeguate per garantire al meglio il perseguimento delle sue finalità, con un investimento che veda un notevole incremento rispetto a quanto oggi il nostro Paese destina a questo scopo: elevare il tetto di spesa almeno al 6 per cento del PIL vuol dire investire nel futuro del Paese.

L'obbligo scolastico (articolo 7).

      A rinforzare la garanzia del godimento di tale diritto riteniamo che l'obbligo scolastico debba iniziare col compimento del quinto anno e durare fino al diciottesimo anno d'età; esso va assolto all'interno del sistema educativo di istruzione. La scuola dovrà predisporre progetti di individualizzazione per offrire a ciascuno una risposta alle proprie esigenze di crescita e a tutti la possibilità di superare le eventuali difficoltà incontrate. Proprio per questo la proposta di legge prevede la non ammissione alla classe successiva solo se il progetto d'individualizzazione predisposto per superare le relative difficoltà di apprendimento non abbia avuto efficacia comprovata. In caso di non ammissione la scuola ha il dovere di progettare il raggiungimento degli obiettivi prefissati nell'anno successivo.

La gestione del disagio (articoli 6, 8, 11, 12 e 13 ).

      Particolare cura andrà posta nella gestione delle discontinuità del percorso di apprendimento, consapevoli che i passaggi da un livello ad un altro rappresentano prove di crescita per la persona se questa è messa nelle condizioni più favorevoli per affrontarle e trarre così beneficio dal loro

 

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superamento. Sono necessari con urgenza investimenti e sinergie professionali per combattere la dispersione e il disagio in tutte le sue forme, così come per la valorizzazione delle diversità e il sostegno all'alfabetizzazione e all'integrazione degli alunni/e migranti. Prima condizione di fattibilità è rappresentata dalla formazione di classi meno numerose delle attuali, in cui sia rispettato il tetto massimo di ventidue alunni per classe, da abbassare ulteriormente nei casi in cui siano inserite persone diversamente abili. In secondo luogo occorre prevedere dotazioni organiche aggiuntive, e potenziare quelle già esistenti, sia per la lotta alla dispersione sia per il sostegno all'handicap sia per l'alfabetizzazione degli alunni/e migranti.
      Tali problematiche vanno identificate, curate e monitorate con professionalità adeguate e attenzione costante.

Il personale (articoli 9 e 10).

      La questione degli organici è di fondamentale importanza in generale perché su di essa il sistema fonda la possibilità di raggiungere le sue alte finalità. La scuola ha bisogno di professionisti a cui sia riconosciuta la grande responsabilità che il ruolo comporta e che siano messi nelle condizioni migliori per esercitarla.
      Questo vuol dire poter contare su organici stabili, adeguati per numero, formati alle dinamiche di insegnamento-apprendimento e con pari dignità, senza gerarchie di ruolo, giuridiche e funzionali. La stabilità dell'organico consente il rispetto di quella continuità didattica che finora è sempre stata la prima caratteristica di qualità ad essere sacrificata in nome di esigenze di natura puramente economica. Si realizza assegnando incarichi a tempo indeterminato su tutti i posti vacanti.
      Ciò è indifferibile anche per un senso di giustizia, di derivazione costituzionale, verso professionisti che da troppo tempo sono trattati in modo lesivo della loro dignità professionale. Per quanto attiene alla formazione del personale docente, essa rappresenta una delle precondizioni su cui si fonda una buona scuola e per questo occorre dare continuità e razionalità agli interventi, individuando i bisogni specifici.
      Utilizziamo il termine «formazione» poiché il solo aggiornamento, centrato nel pensiero comune sull'ammodernamento delle conoscenze disciplinari del/della docente, è certamente necessario ma non sufficiente per le esigenze della buona scuola che vogliamo. Formazione per noi vuol dire apprendimento in situazione, ricerca-azione, sperimentazione di comportamenti e tecniche tendenti a migliorare i risultati dell'azione collettiva dei gruppi che operano in una scuola; significa anche privilegiare tematiche trasversali afferenti la comunicazione, la relazione, il lavoro di gruppo...

I programmi (articolo 14).

      Anche i programmi del sistema educativo di istruzione devono essere rivisti per rispondere alle esigenze di una società che muta molto rapidamente e di un mondo giovanile che ha bisogno di risposte adeguate. La loro definizione è affidata a gruppi di lavoro che sono costituiti in modo significativo da docenti di provata esperienza di ogni ordine e grado, oltre che da esperti dei vari settori della società. Una fase d'ascolto nelle scuole, con il coinvolgimento diretto e attivo di tutti i soggetti interessati, deve esserne il punto di partenza.

La partecipazione (articolo 16).

      Un'attenzione particolare viene dedicata alla partecipazione, supportata dalla valorizzazione degli organi collegiali esistenti e dall'istituzione di nuovi organi di cui si avverte la necessità: il consiglio dei genitori, il collegio del personale ausiliario-tecnico-amministrativo e, nelle scuole medie, il consiglio degli studenti e delle studentesse. Il consiglio dei genitori dovrà essere il volano della partecipazione dei genitori alla vita della scuola con un ruolo

 

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riconosciuto nella formulazione del piano dell'offerta formativa. Il collegio del personale ausiliario-tecnico-amministrativo porterà il suo contributo per la migliore realizzazione delle finalità specifiche dell'istituzione scolastica. Il consiglio degli studenti e delle studentesse nelle scuole medie sarà l'istituzionalizzazione di numerose esperienze di partecipazione che si vanno sperimentando in questi anni. A proposito degli organi collegiali, segnaliamo un aspetto che per noi è di grande rilevanza: ogni organo collegiale elegge al suo interno il suo presidente. Proponiamo così che il collegio dei docenti sia presieduto da un docente eletto dal collegio stesso.
      Questo, se si lega alla scelta contenuta nell'articolo 29, che abroga l'istituzione della dirigenza scolastica, sposta decisamente l'ottica con cui ci si è mossi finora e restituisce ai/lle docenti una funzione di autogoverno delle proprie scelte professionali, salvaguardandone la sovranità. Non diminuisce il ruolo e la funzione del capo d'istituto, a cui, primo tra pari, spetta il compito di gestire in termini organizzativo-funzionali l'istituzione scolastica e valorizzare, attuandole al meglio, le scelte professionali del collegio dei docenti, costruite sulla base degli indirizzi generali dettati dagli altri organi collegiali, per le loro competenze. Siamo convinti altresì che la partecipazione sia un atteggiamento culturale che si può affermare solo in presenza di un'abitudine all'attuazione di pratiche di confronto e condivisione.
      La scuola, dunque, deve essere una palestra di cittadinanza fondata sulla costruzione concordata e condivisa delle decisioni. Per questo nella proposta di legge si pone l'accento sull'importanza della progettazione partecipata a partire dalla scuola dell'infanzia e si sottolinea in modo inequivocabile il dovere della scuola di valorizzare il ruolo dei genitori con azioni concrete che ciascuna istituzione scolastica coniugherà nella propria realtà.

Informazione e trasparenza (articolo 17).

      Non c'è partecipazione se non c'è garanzia di circolazione delle informazioni con un impegno alla trasparenza di tutti gli atti che riguardano la vita della scuola e che non ricadano nella normativa a difesa della privacy dei singoli. Le scuole garantiscono la circolazione delle informazioni anche attraverso l'uso delle nuove tecnologie.

Edilizia scolastica (articolo 18).

      Una buona scuola ha bisogno anche di luoghi adeguati. Dal punto di vista edilizio, questi devono rispondere a criteri di sicurezza, salubrità, vivibilità, accoglienza, qualità estetica ed essere realizzati in modo da consentire al meglio lo svolgimento delle attività qualificanti dei percorsi didattici. Per questo chiediamo un piano di edilizia scolastica che intervenga a sanare le situazioni di sofferenza e a fornire nuove strutture attraverso una progettazione partecipata. L'urgenza di tali azioni è sottolineata dai vincoli temporali entro i quali il piano dovrà essere approntato.

L'autovalutazione (articolo 15).

      Ogni istituzione scolastica, con lo scopo di meglio rispondere ai bisogni specifici dei propri allievi e allieve, avvia un percorso periodico di autovalutazione che rappresenta un processo dinamico di riflessione sul proprio operato, sulla propria capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati e formalizzati nel piano dell'offerta formativa. Un percorso che, a nostro avviso, richiede formazione e competenze. Per questo le istituzioni scolastiche, partendo dall'ascolto degli allievi/e e dei genitori, si avvalgono dell'apporto di professionisti, i quali con un «occhio esterno», non giudicante ma professionalmente competente, aiutano il mondo della scuola a guardare a se stesso per migliorarsi.

Nidi d'infanzia (articolo 19).

      L'idea forte è che anche i nidi devono essere intesi come un servizio rivolto alla

 

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collettività e non come servizi pubblici a domanda individuale. Ovviamente lo Stato non provvede da solo a garantire tale servizio, ma lo fa in concorso con regioni e comuni. Questi ultimi ne sono i diretti erogatori, mentre le regioni fissano i criteri per la costruzione, la gestione ed il controllo, qualitativo e organizzativo, dei nidi. Il Ministero invece definisce i livelli essenziali, si fa garante del progetto educativo, della formazione e del titolo di studio delle educatrici e degli educatori, cura e monitorizza la continuità con la scuola dell'infanzia. Le famiglie contribuiscono alle spese di gestione che sono ripartite tra Stato e comuni. Le famiglie meno abbienti vengono sostenute con un fondo sociale costituito attingendo a fondi regionali vincolati.

Scuola dell'infanzia (articolo 20).

      Non è prevista alcuna forma di anticipo nell'iscrizione a tale segmento della scuola di base e il terzo anno rientra, come già detto, nell'obbligo scolastico. Due docenti, contitolari e corresponsabili, sono assegnati ad ogni classe (non più «sezione» in coerenza col resto della scuola statale) e garantiscono almeno dieci ore di compresenza sulle quaranta settimanali previste. È prevista una flessibilità nella frequenza, concordata tra famiglie e scuola, per venire incontro a particolari bisogni dei bambini/e.

Scuola elementare (articolo 21).

      Anche nella scuola elementare non è prevista alcuna forma di anticipo e si è ripristinata l'offerta di due modalità organizzative, quella modulare di trenta ore e il tempo pieno di quaranta ore, intesi come progetti didattici unitari. La proposta di legge fissa a quindici - prevedendo deroghe in situazioni particolari - il numero minimo di alunni/e per formare una classe, secondo le scelte espresse dalle famiglie. L'organico dei/lle docenti è fissato in almeno tre per ogni due classi a modulo e almeno due per ogni classe a tempo pieno. Essi/e operano collegialmente ed utilizzano le compresenze (almeno tre ore settimanali per ogni classe a modulo ed almeno quattro ore settimanali per ogni classe a tempo pieno) per favorire l'arricchimento del percorso formativo ed il recupero delle situazioni di svantaggio. Non è previsto l'esame di Stato nel passaggio tra scuola elementare e scuola media, perché esse sono due segmenti (non gradi) di uno stesso ordine di scuola, la scuola di base, in ottemperanza a quanto previsto dalla Costituzione all'articolo 33, quinto comma.

Scuola media (articolo 22).

      La scuola media offre due modelli didattici, uno a trenta ore e uno a trentasei ore, fatte salve le sperimentazioni a quaranta ore. Il limite di quindici alunni/e è il minimo - con le deroghe già citate - per formare una classe sulla base delle scelte dei genitori. Nel testo è confermato il valore delle compresenze che vanno previste per attività interdisciplinari, di laboratorio, curricolari.
      Non ci siamo però nascosti le difficoltà di questo segmento di scuola e per questo motivo nella proposta di legge abbiamo previsto la possibilità di sperimentazioni che permettano, in prospettiva, l'unificazione tra scuola elementare e scuola media. È per noi indifferibile un percorso di riflessione e sperimentazione che vada in questa direzione, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati.

Scuola superiore (articoli da 23 a 28).

      La scuola superiore, come si vede anche dal numero di articoli ad essa dedicati, richiede molte attenzioni, anche perché si tratta dell'ordine di scuola in cui meno si è intervenuti nella storia della Repubblica. La scuola superiore è articolata in un biennio unitario ed in un triennio di indirizzo.

 

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      Alcuni vorrebbero salvaguardare il principio della doppia intelligenza, secondo cui l'intelligenza di tipo pratico non potrebbe trovare spazio nella scuola, ma dovrebbe essere incanalata più o meno precocemente verso la formazione professionale o un'istruzione di livello inferiore.
      Noi crediamo che questo sia solo un modo mascherato di contravvenire al principio costituzionale secondo cui tutti hanno diritto a raggiungere i più alti livelli di istruzione e compito della Repubblica è quello di rimuovere gli ostacoli di tipo economico e materiale che lo impediscono. Riteniamo che la nostra proposta, che prevede che tutti i ragazzi e le ragazze vadano a scuola fino al compimento del diciottesimo anno di età e che solo dopo possa esservi spazio per la formazione professionale, rappresenti una rivoluzione copernicana dell'attuale istruzione superiore, che può far compiere al Paese, dopo quaranta anni, un balzo culturale in avanti paragonabile a quello seguito all'istituzione della scuola media unificata.
      Il biennio unitario ha una forte impostazione laboratoriale ed ha un curricolo di base di trenta ore, uguale in tutti gli istituti superiori, a cui si aggiungono sei ore di orientamento. Nel biennio il passaggio da un istituto all'altro è libero, non si prevede cioè alcun esame integrativo per le materie di orientamento, ma solo moduli di integrazione attivati dalla scuola di accoglienza. Le attività svolte nelle sei ore di orientamento offrono agli allievi/e un primo approccio alle discipline che caratterizzano gli indirizzi presenti nell'istituto prescelto.
      Il triennio delle superiori prevede cinque macroaree, ciascuna delle quali è ripartita in indirizzi con un proprio monte ore settimanale. Le cinque macroaree sono: umanistica, scientifica, tecnico-professionale, artistica, musicale. Il testo non cita gli indirizzi, la cui definizione è demandata ad apposita decretazione. Occorrerà anche regolamentare il passaggio da un indirizzo all'altro. È consentita l'introduzione di nuovi indirizzi, purché a seguito di sperimentazione effettuata in un numero congruo di istituti per almeno un triennio.
      Nella proposta di legge si è voluta riconoscere l'importanza delle esperienze di stage che rappresentano per i ragazzi/e degli attuali istituti tecnici e professionali un primo contatto assistito con il mondo del lavoro. I percorsi studio-lavoro previsti dalla proposta di legge riguardano però tutte e cinque le macroaree e si è voluto regolamentarli per superare i limiti che tutti questi anni di esperienza hanno evidenziato.
      L'esame di Stato torna ad essere tenuto da commissioni miste, costituite per il 50 per cento da docenti interni e per il 50 per cento da docenti di altro istituto. Il diploma conseguito ha valore legale e dà accesso a tutti i livelli successivi di istruzione e formazione ed al mondo del lavoro.
      Come già accennato in precedenza, si vuole incentivare l'uso delle scuole da parte dei giovani anche oltre l'orario di lezione, attraverso strutture e servizi che lo Stato promuove e sostiene.

Abrogazioni (articolo 29).

      Nella proposta di legge avremmo potuto scrivere semplicemente che si intendono abrogate tutte le norme precedenti che risultano in contrasto con il contenuto della legge stessa.
      Si è invece voluta ribadire con forza l'abrogazione della legge n. 53 del 2003 e di tutti i decreti legislativi ad essa collegati [lettere da a) a g)].
      Nell'elenco abbiamo inserito anche altre norme sulla scuola varate dal Governo di centro-destra [lettere m), n), o) e r)] e dal precedente Governo di centro-sinistra [lettere h), i), l), p), q) e s)], ritenute incompatibili con l'idea di scuola delineata nella nostra proposta di legge.

Il linguaggio.

      La proposta di legge che vi proponiamo di discutere presenta un accurato sforzo

 

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linguistico su tre fronti: il linguaggio di genere (con la dichiarazione dei sostantivi e degli aggettivi al maschile e al femminile), perché siamo convinti che anche attraverso le parole passino i concetti; l'accurata eliminazione di termini e riferimenti di tipo aziendalista o economicista, che riteniamo debbano rimanere estranei al mondo della scuola; l'indicazione dei concetti in positivo e non come negazione di qualcos'altro, ad indicare una costante volontà di miglioramento.

Gli intenti.

      La proposta di legge che vi proponiamo di discutere rappresenta l'esito di un dibattito e di un percorso che ha coinvolto in modo democratico migliaia di genitori, docenti e studenti di varie parti d'Italia, che hanno avuto così l'opportunità di riflettere e condividere un'idea di scuola composita e complessa. Un percorso articolato, lungo, onesto e sofferto che ha visto ciascuno fare i conti con le idee e i bisogni dell'altro, nella ricerca della migliore mediazione possibile. L'esito finale è la proposta di legge che vi presentiamo, riconosciuta come propria da tutti quelli che hanno partecipato a costruirla. Non abbiamo la presunzione di interpretare, nel suo contenuto, il sentire di tutto il Paese, ma siamo convinti che questo sia il metodo da seguire per avviare un cambiamento, partecipato e condiviso, che produca effetti positivi e di lungo respiro sul sistema scuola. Un tale metodo è sempre mancato nell'intervenire sulla scuola. Esso rappresenta quanto di rigidamente irrinunciabile è presente nel codice genetico della nostra proposta.

      Buon lavoro.

 

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